Agevolazione prima casa solo se il richiedente presenta la dichiarazione di successione

Agevolazione prima casa ed eredità di un immobile: la norma impone al contribuente di presentare la dichiarazione di successione entro 12 mesi dall’apertura della successione. A sancirlo è la Corte di Cassazione con la Sentenza numero 20132 del 24 settembre 2020.

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Il diritto all’agevolazione prima casa può essere riconosciuto al contribuente soltanto se sussistono le condizioni di legge, le quali devono essere comunque invocate dal richiedente.

In caso di successione, la norma agevolativa impone al contribuente di presentare la dichiarazione di successione, integrativa o modificativa, entro 12 mesi dall’apertura della successione.

Così ha sancito la Corte di Cassazione con la Sentenza numero 20132 del 24 settembre 2020 in tema di agevolazioni prima casa.

La sentenza – La vicenda prende le mosse dal ricorso avverso un avviso di liquidazione dell’imposta di successione proposto da un contribuente che aveva ricevuto in eredità un immobile, che i genitori avevano destinato a prima casa. La CTP ha accolto il ricorso ritenendo che il contribuente avesse diritto alle agevolazioni della prima casa di cui godevano i genitori sull’immobile caduto in successione, pur non essendo egli in possesso dei requisiti richiesti per fruire di detta agevolazione.

Il giudizio è giunto in dinanzi alla CTR, i cui giudici hanno accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria in quanto, in base all’art. 69, co. 4 della legge n. 342/2000, l’interessato deve possedere i requisiti per godere dell’agevolazione in parola.

La CTR ha sostenuto che la dichiarazione deve essere resa dal coerede titolare dei requisiti per godere dell’estensione del beneficio previsto per l’acquisto di immobile come prima casa di cui godeva il defunto, sebbene gli altri coeredi abbiano già in precedenza usufruito di tale beneficio.

La mancanza di tale di dichiarazione costituisce una violazione di legge, connessa al principio per cui chi ha già goduto di una agevolazione fiscale non può più goderne.

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Il contribuente ha impugnato la decisione d’appello, lamentando l’errore in cui sarebbe incorsa la CTR che non ha considerato che l’immobile era in comunione dei suoi genitori e da questi destinato alla loro prima casa, utilizzo che era stato mantenuto dal padre-coerede e già proprietario del restante 50%.

Pertanto, una volta chiarito che quest’ultimo aveva diritto all’agevolazione fiscale perché in possesso dei requisiti di legge, l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto riconoscere il beneficio, a prescindere dalla sottoscrizione da parte del beneficiario della dichiarazione sostitutiva.

Nel respingere il ricorso la Corte di Cassazione ha sottolineato che, ai sensi dell’articolo 69, comma 4, L. 342/2000, le dichiarazioni di cui alla nota II bis della tariffa “sono rese dall’interessato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione”.

Solo ricorrendo a queste modalità, quindi, è possibile fruire dell’agevolazione e, a tal fine, bisognava indicare il coniuge superstite fra i successori, e/o presentare dichiarazione correttiva perché, “in caso contrario manca una diretta relazione fra il bene e il soggetto beneficiario dell’agevolazione”.

Il collegio di legittimità, confermando quando già assunto con l’ordinanza numero 9890 del 2019, ha ribadito che il diritto all’agevolazione prima casa comporta il beneficio per il titolare solo se sussistono le condizioni di legge, che devono essere comunque invocate dal richiedente.

Si tratta, infatti, di una “norma agevolativa, e quindi di stretta interpretazione, per cui spettava al contribuente richiedere le dette agevolazioni presentando una dichiarazione di successione, integrativa o modificativa, D.Lgs. n. 346 del 1990, ex art. 28, entro 12 mesi dall’apertura della successione”. (fonte:informazionefiscale.it)

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